
Il paradigma globale nato nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino - fondato su mercati aperti, energia a basso costo e stabilità garantita dall’egemonia americana - si è concluso. Al suo posto, emerge un contesto frammentato, segnato da nuove tensioni geopolitiche e da un riposizionamento strategico degli Stati Uniti che impone all’Europa una revisione profonda del proprio modello di sviluppo.
A delineare questo scenario è Carlo Altomonte, professore di Politica Economica Europea presso l’Università Bocconi, intervenuto a BCI Experience 2025 con una lecture dal titolo «L’Europa tra dazi e geopolitica».
Gli Stati Uniti, con una posizione finanziaria netta negativa pari al 95% del PIL, stanno attuando una strategia di riequilibrio che passa per tre leve: contenimento dell’inflazione interna, riduzione del debito pubblico e rilancio della base manifatturiera, oggi ferma al 10% del PIL. Da qui la scelta di politiche protezionistiche, reshoring industriale e svalutazione del dollaro.
Per l’Europa, storicamente orientata all’export verso gli USA, questo significa ripensare radicalmente il proprio approccio. Come sintetizza Altomonte: «Gli Stati Uniti ci chiedono di smettere di crescere esportando verso di loro. Ci invitano a investire su noi stessi e, semmai, a produrre direttamente sul loro territorio».
La risposta strategica dell’Europa si articola su tre assi: autonomia energetica, attraverso la transizione e la decarbonizzazione; diversificazione dei mercati di sbocco; controllo delle materie prime critiche.
Altomonte avverte: «Le frammentazioni di mercato diventeranno strutturali. L’accesso al mercato americano sarà più limitato rispetto al passato».
In questo scenario, le aziende devono agire su due fronti: diversificare le fonti di approvvigionamento e i mercati di sbocco, e proteggere l’esposizione finanziaria, anche valutaria.
I mercati emergenti - Emirati, India, Sudest asiatico, America Latina - rappresentano le nuove direttrici di crescita. «Sono aree dove l’Italia è già presente e dove l’export sta crescendo più che nei mercati tradizionali», sottolinea Altomonte.
Anche le geografie del potere economico si stanno riconfigurando: Singapore, Texas, Nord Africa, Emirati. E Milano? Sta diventando un hub strategico per l’Europa. «Il nome Mediolanum ce lo racconta», conclude Altomonte.
La direzione è tracciata. In un contesto incerto, la capacità di anticipare e diversificare sarà il vero vantaggio competitivo.