
Il degrado del suolo è una crisi globale che avanza in silenzio, ma con conseguenze devastanti. Secondo l'ultimo rapporto della FAO, The State of Food and Agriculture 2025, oltre 1,7 miliardi di persone vivono in aree dove la produttività agricola è già stata compromessa dalla perdita di qualità del terreno. Il dato è allarmante: il 34% delle terre coltivate nel mondo mostra segni evidenti di deterioramento. Questo significa meno cibo, meno reddito, più instabilità sociale. Eppure, il tema resta ai margini del dibattito pubblico, spesso oscurato da emergenze più visibili.
Il degrado del suolo è il risultato di decenni di pratiche insostenibili: deforestazione, agricoltura intensiva, urbanizzazione incontrollata, cambiamenti climatici. Il terreno perde fertilità, biodiversità, capacità di trattenere acqua e nutrienti. Le colture diventano meno produttive, le comunità rurali più vulnerabili, le economie locali più fragili. Ma non è solo una questione ambientale. È una sfida sistemica che tocca la sicurezza alimentare, la giustizia sociale, la resilienza climatica e la capacità di innovare.
Le aree più colpite sono spesso quelle con minori risorse per adattarsi. Questo aggrava le disuguaglianze esistenti e alimenta dinamiche di migrazione forzata, conflitti per l’accesso alle risorse, perdita di identità territoriale. In questo contesto, l’innovazione non è un lusso, ma una necessità. Servono tecnologie per monitorare lo stato del suolo, modelli agricoli rigenerativi, politiche pubbliche lungimiranti, investimenti in formazione e ricerca. L’agricoltura rigenerativa, ad esempio, propone pratiche che migliorano la salute del terreno, aumentano la biodiversità e riducono l’impatto ambientale. I sensori e i satelliti permettono di mappare il degrado e intervenire in modo mirato. Le startup agro-tech stanno sviluppando soluzioni scalabili per la gestione sostenibile delle risorse naturali.
Ma l’innovazione non è solo tecnologica. È anche culturale, sociale, politica. Serve una visione sistemica che metta al centro il suolo come infrastruttura vitale, come bene comune da tutelare e rigenerare. Serve un nuovo patto tra scienza, impresa, istituzioni e cittadini. Rigenerare il suolo significa restituire vitalità ai territori, creare nuove opportunità economiche, rafforzare la coesione sociale. Significa costruire un futuro più equo, resiliente e sostenibile.
Il rapporto della FAO non è solo un campanello d’allarme. È un invito all’azione. Un’occasione per ripensare il nostro rapporto con la terra, per investire in soluzioni che abbiano impatto reale, per trasformare una crisi silenziosa in un’opportunità di cambiamento.





